VENETO, IN 4000 HANNO RIFIUTATO L’ASSUNZIONE PER NON LAVORARE IN REPARTI COVID

Pubblicato il 22 Dicembre 2020

Un esercito di medici, infermieri, tecnici di laboratorio e operatori sociosanitari ha detto no pur di non rischiare il faccia a faccia con il virus. Non manca la volontà di assumere ma la disponibilità dei dottori. Da febbraio a oggi sono 4.213 i medici, gli infermieri, i tecnici di laboratorio e gli operatori sociosanitari che hanno rifiutato l’assunzione per non lavorare in reparti Covid.

Patrizia Simonato, direttore generale dell’ente di raccordo del sistema sanitario regionale del Veneto, parla della situazione con cui sta facendo i conti il sistema-ospedali tra Padova, Verona, Vicenza, Treviso, Rovigo e Belluno.

Non manca la volontà di assumere, ciò che manca è la disponibilità di medici e personale sanitario in genere, soprattutto nelle specialità che più servono contro il Covid, ossia personale di pronto soccorso e di anestesia e rianimazione. Quando li troviamo spesso rifiutano di firmare il contratto quando scoprono di essere destinati a reparti di trincea contro il virus

Un caso che ha fatto scalpore è quello dell’ospedale Borgo Roma di Verona, dove l’attività delle sale operatorie è stata ridotta del 30 per cento per dirottare il personale dei reparti Covid. Dall’inizio della pandemia fino a oggi la Regione Veneto ha assunto 2.954 professionisti della sanità, tra cui 1.182 medici e il resto infermieri, assistenti, operatori socio sanitari. Di questi, 2.954 sono contratti di libera professione o co.co.co, 1.233 assunzioni a tempo indeterminato, 392 a tempo determinato. Nell’area della libera professione sono arrivate 4.213 domante, accolte e poi cestinate per non gradimento della destinazione.

Non aiutano le regole che normano il sistema sanitario nazionale. La legge vieta infatti alle Usl di assumere laureati e abilitati che non siano specializzati o specializzandi. Queste figure possono quindi lavorare, al massimo, come co.co.co o con partita Iva ma, in questo modo, non rientrano nelle quote concorsuali riservate ai dipendenti del sistema sanitario nazionale. E così rimangono ingabbiati nel precariato.


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