BREXIT, NIENTE VISTO A CHI NON PARLA INGLESE
Pubblicato il 27 Febbraio 2020
Qui si parlerà solo inglese o tornatevene a casa vostra
È il messaggio riportato su un volantino, intitolato Happy Brexit day, appeso giorni fa a Norwich, in Inghilterra.
Lo scatto è diventato virale su Twitter. “Parole intollerabili” , è stato il commento del Consiglio comunale della città a nord est di Londra, aggiungendo che la polizia sta indagando su quanto accaduto. Eppure, pochi giorni dopo, pare che il governo segua proprio questa linea di chiusura e intransigenza.
Il Regno Unito ha ufficialmente abbandonato l’Unione europea in accordo con i trattati siglati a fine gennaio e i nuovi provvedimenti di politica migratoria sembrano drastici: le forme espressive utilizzate sono “full control”, pieno controllo dei confini.
Secondo la nuova linea di Boris Johnson, presentata in un documento di 10 pagine, vi sarebbe la riscrittura di varie norme. E ne verrebbe introdotta una che dal 2021, alla fine del periodo di transizione, impedisce l’ingresso in Gran Bretagna a chi non parla inglese, oltre che ai lavoratori con un basso grado di specializzazione.
Le prime contestazioni sono arrivate dal settore del turismo e della ristorazione, il più colpito da queste linee guida. I vertici delle istituzioni industriali parlano già di gravi danni all’economia, conseguenze disastrose per la perdita di posti di lavoro e la possibile chiusura di molte attività commerciali.
Il modello migratorio cui si ispira Johnson è quello adottato dall’Australia.
Il governo presenterà una tabella “a punti” e l’aspirante lavoratore straniero dovrà ottenerne almeno 70. La griglia prevede dei crediti, in altre parole un punteggio da 0 a 20 punti per ogni singola specificità: il titolo di studio alto in ambiti in cui la domanda di lavoro è forte dà 20 punti. Il salario che verrebbe corrisposto è un’altra voce rilevante: se è superiore a 25.600 sterline i punti sarebbero 20, ma se il salario è compreso tra 20.000 e 23.000 i punti incassati dal candidato sono pari a zero. A fare punteggio, invece, la qualificazione per settori con carenza occupazionale nel Regno Unito.
Insomma una corsa a ostacoli per scoraggiare e addirittura impedire l’accesso a chi non ha i requisiti definiti necessari.
Con i nuovi criteri, si calcola che il 70% dei cittadini europei entrati nel Regno Unito dal 2004 a oggi non avrebbe i requisiti per lavorare nel Paese.